1. |
Kokeposhte
06:45
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Pasi pianisti u largua,
dhoma e ndenjes u boshua,
ngadalë nga tingujt.
Kokë
Kokëposhtë
Kokëposhtë stolit,
këmbët zmadhohen, duke kërkuar vendin e tyre.
Vizioni kundër së tashmes shpërbëhet në sfera betoni.
Fy Fy Fy Fytyrat nga e shkuara rrotullohen.
Pas shpinës, drejt shterrimit.
Ata lidhin këmbët e vajzës së artë.
Kokëposhtë
Testaingiù (ita)
Dopo la partenza del pianista,
il salotto piano dai suoni si svuota.
Testa
Testaingiù
A Testaingiù, sotto lo trespolo,
le gambe s’ingrandiscono, cercando il loro posto.
La visione contro il presente si discioglie in sfere di cemento.
I visi del passato girano.
Dietro le spalle, verso l’esaurimento.
Loro legano le gambe della ragazza dorata a testa in giù.
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2. |
Ari I Ajrit
12:11
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Të kthehesh prapa.
Koka lëviz drejt peisazhit i zbehur nga tymi.
Zhurma e avionit prek thembrat duke i lëvizur pa një drejtim.
Përtej mjekrës dridhet lëkura në një përshendetje të harruar.
Lotët vonojnë të dalin sepse shkallët midis meje dhe ajrit mbaruan.
Fluturimi i zogut ndërpritet si një imazh i ngecur në valët e dobëta të televizorit bardh e zi.
Nesër trupi do të rinisë të jetojë në një valë tjetër, pa emër, me dallgë të para në ëndërr
(natën e kaluar).
Dy pjesët e urës lëkunden nga era e fortë.
Në mes të saj të shoh, në mjegull, me shall në fyt kërkon sytë e humbur poshtë saj.
Drejt ujit lundrojnë duke thithur rrezet e fundit të diellit në muzg.
Pulëbardhat çukasin ajrin e natës duke prishur qetësinë.
Ngrihen rrezet e hënës të fshehur.
Mbyten ëndrrat e ujit të artë.
Dje shiu lagu faqet e kuqe.
Një pikë si sferë e shkrirë nga rrezet goditi qëndrën e hundës, vështrimin e ndau më dysh.
Diçka e padukshme përfytyrohet në ajër.
Këngën që degjon e ndjej sikur të ishte ajër për damarët, në fije ari përshkon sytë e verbër.
L’oro dell’aria (ita)
Tornare indietro.
La testa si muove verso il paesaggio sbiadito dal fumo.
Il rumore dell’aereo tocca i talloni girando senza direzione.
Oltre il mento la pelle trema in un saluto dimenticato.
Le lacrime tardano a uscire perché le scale tra me e l’aria sono finite.
Il volo dell’uccello s’interrompe come un’immagine incastrata nelle onde deboli della televisione in bianco e nero.
Domani il corpo ricomincerà a vivere in un’altra frequenza, senza nome, con onde viste in sogno
(la notte scorsa).
Le due parti del ponte si scuotono dal forte vento.
Ti vedo nel suo mezzo, in nebbia, con la sciarpa in gola cerchi gli occhi persi.
Navigano verso l’acqua succhiando il sole al crepuscolo.
I gabbiani picchiano la notte rompendo il silenzio.
Si alzano i raggi della luna nascosta.
Si annegano i sogni dell’acqua.
Ieri la pioggia ha bagnato le rosse guancia.
Una goccia come sfera sciolta dal sole colpisce il centro del naso, lo sguardo lo taglia in due.
La canzone che ascolti la sento come fosse aria per le vene, un filo dorato attraversa gli occhi ciechi.
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3. |
Pak Nga Pak
09:12
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Pak nga pak futem në realitet,
kjo fjalë e huaj për sytë e djeshëm,
jeton si një fllad në errësirë,
gjurmët e lëngshme ndriçon.
Vajzat e oqeanit notojnë me rrufe në orizont.
Dallgët pëshpërisin zërat në erë.
Drejt brigjeve ishulli duket përtej mjegullës,
fiksohet vështrimi i djalit në televizor.
U përpoqa të puth hënën,
nëpërmjet gjetheve,
ngjita buzët,
shtyva me hundë degën e njomë
por hënën nuk e putha dot.
Poco a poco (ita)
Poco a poco entro nella realtà.
Questa parola straniera per gli occhi di ieri,
vive come rugiada al buio,
le tracce liquide brillano.
Poco a poco entro nella realtà.
Le ragazze dell’oceano nuotano con fulmini all’orizonte,
si fissa lo sguardo del ragazzo in televisione.
Ho cercato di baciare la luna,
attraverso le foglie,
ho appiccicato le labbra,
spingendo col naso il ramo bagnato,
ma la luna non riuscii a baciare.
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4. |
Artigli
16:06
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Tu hai colonizzato, tu hai creato per guardarti allo specchio,
metti i tuoi artigli sulla terra che credi di sapere ma sei sopra non sotto,
sei sopra non sotto e prima o poi ci andrai.
Sei arrivato per farti forte delle debolezze altrui.
Vuoi importare uno schiacciasassi che poi fabbrichiamo noi.
Penso che se ti guardo negli occhi solo il mio sguardo te li strappa via.
Metti via i tuoi artigli su una terra che rassegnati non sarà mai tua,
perché sarai sotto e non sopra, sarai sotto e non sopra,
anche tu non hai la forza per rivoltare la crosta terrestre,
nelle tue budella esploderà la storia come una perniciosa malattia,
perché così va il mondose vedi superficie sotto c’è la violenza della nostra scavatrice.
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5. |
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Distese di granturco, filari di pioppi sulla cui pelle scrivo la mia storia.
Carcasse di animali decomposte nei canali rendono l’aria di zucchero filato.
Il sole annusa le discariche davanti alle montagne brade,
dove alberi di pesco cantano melodie al cielo.
Io sono un cigno.
Cavalco le onde del fuoco, sgranando il sole al tramonto come un pezzo di pane caldo.
Io sono l’assassino della notte, portando in trionfo la luna piena di latte, munto dall’alba.
Il mio cuore urbanizzato respira l’alito della terra che cerca di giungere al cielo,
mentre piovono parole nella nebbia, risucchiate da frontiere sgretolate dal freddo dell’odio.
Il mio cuore urbanizzato pulsa sull’acqua dei caseifici umide di una campagna.
Il mio cuore urbanizzato pulsa sull’acqua dei caseifici umide della mia campagna gialla.
Ci passiamo attraverso con le scarpe rotte, ci passiamo attraverso, non ci fermerà la vita.
Ci passiamo attraverso allargandole.
Ci passiamo attraverso allargandole con le nostre sole dita.
Ci passiamo attraverso se è finita, non è mai finita.
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6. |
Oro Nell'Aria
08:39
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Oro nell’aria
Ovunque nelle vene ti viaggi,
in strisce scolorite gli occhi fissi,
come quando s’incastra il paesaggio,
s’incarta il paesaggio nel ponte ivisibile,
si arrampica ovunque,
lo sai che non dò una parola senza nulla in cambio.
Il ricordo del guardiano nel vuoto,
riempie i buchi con pietre di fango,
la presa robusta risucchia il tempo,
dalle nuvole volanti non ci sono perché,
perché dal fiume diviso in crepe,
lo scorrere secco dell’acqua perché,
perché i movimenti sottili non carpiti,
cancello di ferro tu lo chiudi, perché?
Perché sei seduto in alto a guardare solo un albero tu, perché?
Mi inviti a sdraiare tutto il corpo per terra, non ho voluto sfiorare la tua anima in pegno.
Dentro sorrisi frenati la parola s’arresta, da fili trasparenti, dentro un passo all’indietro,
solo uno devia il tempo in curva.
Domani chissà, perché mi chiami al risveglio, perché,
i sogni saprò mangiare roteando uno ad uno nel palato, lo sai perché.
Contro il senso nel giorno con vento mosso,
una lingua dipinge un colore non visto,
solo il bacio scioglie lo stolto,
dalla punta di ghiaccio, mobile nel segno, passa davanti ai miei pori dilatati.
Domani saprò che la metà degli occhi sa rubare dalla fonte,
in gola sale per gustare l’invisibile del mare.
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